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Cronache dal banco  
Oggi la nostra classe ha vissuto una di quelle giornate che rimangono nel cuore. Una di quelle mattinate in cui non servono libri, verifiche o interrogazioni per apprendere qualcosa di davvero significativo. Perché oggi abbiamo ricevuto… un messaggio in bottiglia.  
No, non eravamo su una spiaggia tropicale, né in mezzo al mare. Eravamo in aula, come sempre. 
Eppure, nell’aria si percepiva qualcosa di speciale: curiosità, attesa, e forse anche un pizzico di emozione. Ognuno di noi ha trovato davanti a sé una bottiglia (sì, vera!), chiusa con un tappo di sughero, contenente un messaggio personalizzato. Un pensiero scritto per ciascuno, unico, proprio come noi. 
Le bottiglie sono state distribuite in silenzio, e per un attimo l’unico suono era quello della carta che si spiegava tra le mani. Poi, lentamente, i sorrisi hanno cominciato a spuntare. Qualcuno è arrossito. 
Qualcuno ha trattenuto una lacrima. C’erano parole gentili, riflessioni profonde, piccoli complimenti, inviti a credere di più in noi stessi, o semplicemente un “ti vedo, anche se non parli molto”.  
Il messaggio è arrivato senza nome, ma non senza intenzione. E ci ha ricordato che le parole hanno un peso, una forza, un potere incredibile. Soprattutto quando sono sincere.  
Questa attività, che a prima vista può sembrare semplice, ci ha fatto riflettere su quanto raramente ci diciamo le cose belle. Su quanto possa fare la differenza sapere che qualcuno ci apprezza, ci comprende o ci nota, anche in silenzio. È stato come lasciare un’ancora in un oceano di pensieri e trovarla: una connessione. Un gesto umano, caldo, autentico.  
In un mondo che corre, dove spesso ci si parla tramite emoji o messaggi vocali velocissimi, oggi abbiamo scelto di fermarci scrivere e ascoltare e abbiamo capito che per comunicare non abbiamo bisogno di un telefono.  

Di Antonino Polifroni 
“Luigino il fanciullino che non voleva andare a scuola” Questo testo, molto interessante e commovente, descrive in maniera dettagliata il passaggio dalla scuola elementare alla scuola media, che in questo caso vive un bambino diventato ragazzo di nome Luigi. 
A Luigi, che nel frattempo era abituato ad essere chiamato Luigino, manca terribilmente la sua classe, la sua adorata Maestra Cecilia e i suoi compagni. Non riesce ad accettare che in questa fascia d’età tutto è nuovo ed estraneo: tantissimi professori, tantissime materie, nuovi compagni e nuove relazioni, arriva ad un certo punto tale che rifiuta di recarsi a scuola. I suoi genitori gli promettono di comprargli tante cose, a patto che rientri a scuola, ma lui si rifiuta, e alla fine dopo tante lotte, è costretto a rientrare per evitare la bocciatura. In classe, il professore insiste nel chiamarlo Luigi, e lui si offende perché vuole essere chiamato Luigino.  
Il professore lo invita a leggere e gli spiega che non è più un bambino, sta crescendo e sta diventando un adulto, e dalla scuola avrebbe appreso tutti gli insegnamenti che lo avrebbero aiutato a diventare tale. Quello che penso, riguardo a Luigino, è che lui aveva una grande paura di crescere e stentava ad aprirsi e ad accettare questa nuova realtà.  
Io sono convinta che la scuola esercita un ruolo fondamentale nella formazione di tutti quanti noi, e non bisogna rinunciare a nessun giorno, perché ogni singolo giorno ci aiuta a crescere, ad istruirci perché possiamo diventare persone migliori.  

Di Virginia Cucinotta Lettera al Preside.  
Gentile Preside, la ringrazio sinceramente per la lettera che ci ha voluto scrivere. Le sue parole ci hanno fatto capire fin da subito che ha a cuore il benessere degli studenti e la qualità del nostro percorso scolastico.  
Le dò con piacere il benvenuto nella nostra scuola, che per noi non è solo un luogo in cui imparare nozioni, ma anche uno spazio di crescita, confronto e relazioni. La scuola ci aiuta a scoprire chi siamo e chi vogliamo diventare e spero di avere al nostro fianco una guida attenta e presente ci dà fiducia e motivazione.  
Questo, per noi di terza, è un anno molto importante l’ultimo prima di affrontare nuove sfide. 
Speriamo di viverlo con entusiasmo, serenità e senso di responsabilità e ci auguriamo che anche per Lei sia un’esperienza ricca di soddisfazioni e momenti positivi.  
Le auguro da parte mia e di tutta la scuola, un buon lavoro e un anno scolastico pieno di buoni frutti.  

Di Caterina De Francesco